sabato 14 febbraio 2009

Ciao Marco

giovedì 12 febbraio 2009

Valverde, il campione dei furbi smascherato con furbizia

Anche se Zapatero resta sempre convinto di averci superato in benessere e profitti, nonostante abbia ormai le pezze al sedere, un fatto è certo: gli spagnoli devono ancora studiare molto per diventare più furbi di noi. Da anni ci sta provando il loro campionissimo del ciclismo, Alexandro Valverde, ma nonostante tutti gli sforzi anch’egli deve rassegnarsi: gli italiani restano più furbi persino di lui. Lunedì prossimo la nostra giustizia sportiva lo aspetta alla sede del Coni, Roma, per contestargli quello che per troppo tempo, nel silenzio codardo e servile di mezzo mondo - compresa tanta stampa italiana - ha sempre abilmente schivato: il doping.
Certo gli va riconosciuto: la sua furbata resta d’autore. Una furbata storica. La riassumo in estremissima sintesi, perchè già troppe volte l’ho inflitta al pubblico. Operacion Puerto, sempre lei, sempre quella che ha affossato Basso e Ullrich. Tra le sacche di sangue amabilmente manipolate dal ginecologo alchimista Eufemiano Fuentes ce ne sono alcune denominate in codice «Valv-Piti». La domanda non è delle più difficili: di chi possono essere, considerando che Valv somiglia molto all’inizio del cognome Valverde, che lo stesso Valverde ha un cane dal nome Piti, che in tutta l’inchiesta i corridori si nascondono dietro i propri cani, e che lo stesso dottor Fuentes è stato per anni il medico sociale della squadra di Valverde? Se alla fine di questa domanda qualcuno riesce ancora a rispondere che le sacche sono di Balmamion o di Pambianco, è chiaro, ci si mette a ridere. Eppure, gli spagnoli così - più o meno - rispondono. Nel senso che non si prendono nemmeno la briga di affrontare il caso: per loro, le sacche «Valv-Piti» possono essere tranquillamente dello Spirito Santo. Non però del loro campionissimo. Tant’è vero che continuano imperterriti ad esaltarne le gesta, come quando - ad avversari squalificati - lui ineffabile vince gare tipo Liegi-Bastogne-Liegi. La cosa più rivoltante è che dietro al coro degli spagnoli, per lungo tempo, c’è anche quello di tanti italiani, i quali non trovano niente di ingiusto, niente da ridire, nel vedere Basso e Ullrich (giustamente) massacrati e Valverde in giro per vittorie.
Per fortuna, non tutti gli italiani sono beoti e conigli. Ce n’è qualcuno che ancora conserva l’uso della ragione, ma che soprattutto conserva un alto senso della giustizia. Fra questi, gli inquirenti del Coni. I quali, sin dall’inizio, non si accontentano di impallinare Basso. Di fronte all’evidenza delle sacche «Valv-Piti», mettono mano su quei campioni di sangue (corretto Epo), grazie alla collaborazione della polizia spagnola. Quindi, sanno aspettare.
Ovviamente Valverde gira alla larga. Non si farebbe mai interrogare in Italia. Furbo, lo spagnolo. Ma neppure noi siamo tordi. La trappola scatta il 21 luglio scorso, quando il Tour sconfina in casa nostra, a Pratonevoso. Il popolare Valverde non può certo fermarsi alla frontiera. Come un sorcio, ci cade in bocca: il Coni gli fa un simpatico prelievo e procede al controllo incrociato. Il risultato è di un’evidenza solare: confrontando i campioni, è possibile dimostrare che il sangue della sacca «Valv-Piti» appartiene certissimamente a Valverde. Ma va?
Ora la resa dei conti: finalmente, Valverde deve rispondere di doping. Il Coni lo farà nero, schiacciandolo con le prove, quindi lo girerà per competenza tre le grinfie della Federazione internazionale (Uci) e della Wada, l’implacabile organismo antidoping mondiale, che già da tempo gli sta alle calcagna. Forse, chissà, un giorno potremo davvero mettere un punto alla scandalosa furbata di Valverde, con una sonora squalifica. Quel giorno, finalmente, si potrà dire che giustizia è fatta. E che gli italiani, nonostante tutto, continuano a restare molto, ma molto più furbi degli spagnoli.
di Cristiano Gatti - il Giornale

Doping: clamorosa riapertura del caso legato al corridore spagnolo. Un controllo del Coni, effettuato in occasione della tappa del Tour 2008 a Prato Nevoso, avrebbe accertato la corrispondenza tra il Dna del ciclista e quello della famosa sacca 18 sequestrata nello studio del dottor Fuentes nell'ambito dell'Operacion Puerto


ROMA, 11 febbraio 2009 - Il Coni è convinto che "Valv-Piti", il nome in codice trascritto dal dottor Eufemiano Fuentes al centro dell'Operacion Puerto, è senza dubbio Alejandro Valverde. La prova inequivocabile arriverebbe da un controllo ematico effettuato il 21 luglio dello scorso anno, quando la carovana del Tour de France fece tappa a Prato Nevoso per la 16ª frazione della Grande Boucle. Lo spagnolo, che era nono in classifica generale e aveva già vestito la maglia gialla dopo la prima tappa, venne controllato insieme ad altri atleti (tra i quali Frank Schleck e altri 5 della Csc). Con la Caisse d'Epargne Valverde ha vinto solo nel 2008 11 corse, tra cui una tappa del Tour, una della Vuelta, la Liegi-Bastogne-Liegi e la Clasica San Sebastian.
CONVOCATO - Il deferimento al Tribunale nazionale antidoping scatterà automaticamente, come pure la segnalazione all'Uci e alla Wada, l'agenzia mondiale antidoping. Valverde rischia due anni di squalifica. Prima del Mondiale di Varese il Tas di Losanna respinse la richiesta di esclusione formulata dall'Uci, che si era opposta alla partecipazione del vincitore dell'ultima Liegi alla corsa iridata. Il Coni ha convocato lo spagnolo per lunedì 16 febbraio a Roma per contestargli "la violazione del combinato disposto degli articoli 2.2 del Codice WADA e 2.11 delle Norme Sportive Antidoping Italiane".
TUTTO NASCE NEL 2006 - Il caso denominato "Operacion Puerto" scoppia il 23 maggio 2006 e rappresenta il più grande scandalo del doping ematico. Una cinquantina di corridori coinvolti, ma in pochi finora, hanno pagato. L'Italia ha messo in un angolo Ivan Basso condannandolo a due anni di stop, come Michele Scarponi (18 mesi); in Germania hanno smesso Jan Ullrich e Jorg Jaksche. Ma nelle 6000 pagine dell'Operacion Puerto sarebbero ancora molti i nomi, di varie discipline e non solo del ciclismo, che non sono ancora venuti allo scoperto.

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